mercoledì 2 luglio 2008

A Manosque, sotto il sole giaguaro


Mai, mai, scorderò l'attimo, la terra che tremò.
L'aria si incendiò e poi... silenzio.
Così cominciava la sigla di Ken il Guerriero, cartone post-moderno di cui tutti o quasi ci ricorderemo. Ma queste parole possono andar bene anche per descrivere il Triathlon des Vannades 2008.

E' stata una giornata che difficilmente noi del Ponente dimenticheremo. E non solo per la grande prestazione di Andrea (25° assoluto con 2.42.27) e quella di Paolo (32° con 2.45.12, arrivato a braccetto con Stefano 31° a 2.45.10). Questa edizione del Triathlon di Manosque sarà per sempre impressa nella nostra memoria per la temperatura con cui è stata disputata: alla partenza il termometro segnava i 35° C.
Non so se i regolamenti della Fitri, così dettagliati su drafting e doping, si prodighino altrettanto sui limiti della temperatura a cui disputare un triathlon. Nel caso, quelli nella FFTRI sono di certo molto più elevati. Del resto, si sa, i francesi hanno la legione straniera e alle frittate di questo tipo ci sono abituati.
Manosque è una ridente cittadina in mezzo alla Provenza, tra la Durance e il Luberon. Per arrivarci si punta Aix'n P. e poi si vira verso nord per aggirare il Monte St. Victoire caro a Cezanne. Nessuno a Manosque immagina che una allegra combriccola di cinghiali itaiani si sta dirigendo lì, proprio nel bel mezzo di una tipica canicola provenzale, per partecipare ad un triathlon. A dir la verità, la maggior parte di noi nemmeno se l'immaginava dov'era Manosque. Qualcuno però, in quella sfortunata giornata di Beaulieu, s'era ritrovato sul cofano un volantino del Triathlon des Vannades tutto inzuppato, ma ancora leggibile. Il verbo s'era così immediatamente diffuso. Fabrizio poi c'era stato l'anno prima, la gara gli era piaciuta, i ristorantini pure, quindi al limite, non si rischiava nulla ad andare.E, allora, uno per tutti e tutti per uno, s'era pensato a rifarsi della delusione: andiamo a Manosque!
Tre auto cariche di bici, donne e cinghiali attraversano il Var, superano il massiccio dell'Esterel. Fuori il foraggio scotta al sole e il riverbero crea miraggi sull'asfalto. Lo scenario comincia a delinearsi: non si vede una nuvola, ci sono solo campi, vigne, canali.Dopo tre orette di macchina con il climatizzatore a tutta, uscire e passeggiare nella zona cambio è come visitare un pianeta ostile: la gara parte da un lago artificiale nel bel mezzo di una conca, una specie di depressione caspica. C'è ancora chi spera di nuotare con la muta, poi arriva la conferma: acqua a 27°, muta non consentita.
Famiglie intere banchettano sulla riva o sguazzano nell'acqua.Noi montiamo le bici con una lentezza da bradipi. Ogni gesto costa sudore. I francesi invece non si smentiscono mai. Attorno a noi s'aggirano macchine da cronometro e da guerra, con ruote affilate come affettatrici e prolunghe, rostri, speroni per tagliare l'aria calda come il burro. I 300 di Manosque sono tutti in fila davanti ai giudici alle 14 esatte. Il briefing è stato un vero siparietto: l'organizzatore, un tipo bizzarro con panama e camicia pseudo-hawaiana dà consigli preziosissimi: "ragazzi, in discesa chiudete la bocca se non volete ingoiare un'ape...".

Finalmente si parte: il nuoto è l'unica parte della gara che uno riesce a godersi, appena fuori comincia un bollito misto di 53 km. C'è un po' di tutto: pianura, falsopiano, mangia e bevi, una salita pedalabile e una salita più dura che porta in una specie di terra di mezzo, dove non si è nè in pianura nè in montagna. Penso: se fossi qui per i fatti miei butterei la bici in un campo di grano e mi metterei sotto un leccio a leggere un libro di Giono. Il silenzio è quasi assoluto. L'unico rumore è quello della bici e dei pedali, il tuo involontario girarrosto. Ogni tanto c'è una casa disabitata, in mezzo al grano. Le finestre sono sbarrate dai tempi del colera.

E' qui che viene fuori la gara. Il mondo è un altopiano. Mentre sono solo in mezzo ad un campo assolato nel nulla, con l'idea di mollare ad ogni curva e cercare disperato una fontana, penso ai miei amici. Ci siamo tutti: frontalieri senza confini, leoni berberi, achilli fragili, tutori inquieti dell'ordine di se stessi, draghi, Eta-beta, volpi di Gouta. Ci siamo tutti, insieme, qui a soffrire e a scolpirci nel sudore. Di colpo la fune che mi trattiene si strappa, la fatica si allontana, il traguardo si avvicina. Teste colorate spuntano dalle spighe. Non sono gru, sono i caschetti dei colleghi che mi precedono.

Cambio, metto le scarpe per correre senza pensarci, si corre sui bordi del lago in mezzo ai bagnanti e ai loro schizzi. Sono tutti educatissimi e incitano dal primo all'ultimo concorrente. Per fortuna l'organizzazione ha ingaggiato ragazzini con tanto di fucili ad acqua che ti fucilano a dovere appena gli passi vicino.
Le nostre donne urlano, menomale ci sono loro: Evelina, Morena, Romina e Simonetta. Se fare il triathleta non è facile, essere la donna di un triathleta è quasi impossibile: ore e ore ad aspettare un tipo tutto sudato che poi dovrai abbracciare e baciare a dovere, esultando per un 139° posto come per un trofeo. Altrimenti musi.
Il mondo del triathlon in Francia è una macchina perfetta. La gara si conclude, il circo ricomincerà da qualche altra parte. Noi invece ce lo portiamo dentro, il nostro sole giaguaro.

6 commenti:

andrebarca78 ha detto...

..bellissimo!!! Grande Giacomino!!!

Valerio ha detto...

..al solito...Grandissimo post! Sempre forza cinghiali!
Vai Andrea!...ti aspetto alla straventimiglia...anzi ..aspettami tu....

Valerio ha detto...

...al solito complimenti per il bellissimo post!

simo ha detto...

che onore essere ricordate e far parte di questa impresa!
Effettivamente le trasferte sono dure, ma siamo compagne di triathleti e ci piace "soffrire", però tutto svanisce quando vi vedo passare con la grinta, la passione e la fatica stampata sul volto ed allora tiro fuori il meglio di me, tutto quello che posso dare ed urlo il vostro nome al di là delle vostre capacità, della vostra posizione o della bandiera.
Grazie. Simo

andrebarca78 ha detto...

Caro Valerio, grazie, ma purtroppo un incidente di percorso mi ha messo k.o per qualche settimana, niente di grave, ma mentre correvo nei pressi del forte direzione Francia, ho messo male un piede a cavallo del marciapiede e mi sono lussato la caviglia dx..
Peccato ero in un buon periodo di forma..ma fa parte del gioco.

Simo,non sai quanto io apprezzi i vostri sacrifici nel sciropparvi levatacce,trasferte lunghe,ore di attesa durante le gare, e nonostante tutto, il vostro impegno nel sostenerci in quei momenti di sofferenza durante le gare.
Per me il vostro tifo in quei momenti è importantissimo.
Grazie a te!!

Valerio ha detto...

Acc non ci voleva! In bocca al lupo per una pronta guarigione, Valerio.