Vi racconto che è successo.
Domenica 23 novembre 2008 sono andato al Duathlon di Vallecrosia deciso a fare il risultato. Ci credevo davvero. Così deciso che la sera prima a cena dal buon Fabrizio ho bevuto pochissimo vino e non ho mischiato carboidrati e proteine, mentre gli altri cinghiali si sfondavano di picci e brunello. (Simonetta, potrai mai perdonarmi?)
Domenica 23 novembre 2008 sono andato al Duathlon di Vallecrosia deciso a fare il risultato. Ci credevo davvero. Così deciso che la sera prima a cena dal buon Fabrizio ho bevuto pochissimo vino e non ho mischiato carboidrati e proteine, mentre gli altri cinghiali si sfondavano di picci e brunello. (Simonetta, potrai mai perdonarmi?)
E' che sapevo di stare bene e volevo fare il risultato, una volta tanto. Sapevo già chi avrei trovato alla linea di partenza: tutti i miei amici, i compagni di squadra e anche qualche "avversario". Uno in particolare: quel Guillaume Besnard, il francese dagli occhi di ghiaccio arrivato dal nulla giù al nord per vincere qualche domenica fa a Perinaldo. Sappiamo forse entrambi di essere l'uno l'avversario dell'altro. Ma lui non è uno di quelli che mettono le distanze. Si avvicina cavallerescamente e ci salutiamo cordialmente nell'aria gelata: il Grammondo ha messo il cappello e ci sono 5 gradi.
Al via, nella prima frazione di corsa ci ritroviamo io e lui. Teniamo un bel ritmo e si crea subito un certo distacco. Io sto molto bene e provo a forzare un pochino. Lo sento faticare e rallento. Non avrebbe avuto senso, non sarei riuscito comunque a staccarlo di molto e sarebbe stata una dichiarazione di guerra. In bici mi avrebbe raggiunto e sicuramente staccato: l'ho visto salire a Perinaldo e dar del filo da torcere ai più forti. Così cambiamo assieme e possiamo anche prendercela relativamente calma perchè intanto s'è aggiunto il piemontese Roasio, ma gli altri sono lontani.
Guillaume mi chiede se ci sarà vento contro in valle. Peut-étre, gli dico: in gara il mio francese migliora. Siamo in tre. L'agonismo mi consiglia di non dar troppi cambi, ma lo sport mi fa fare il contrario: siamo in due a tirare e Besnard continua a guardarsi indietro, ha paura che il plotone ci raggiunga. Così ogni tanto mi metto davanti e butto giù qualche dente, anche se in bici ultimamente sono andato pochissimo e le gambe cominciano a friggere dallo sforzo. Poco prima del giro di boa la pendenza aumenta. Guillame si accorge che soffro. Potrebbe alzarsi sui pedali e staccarmi, ma non lo fa. Mi aspetta. Non può essere, mi dico, perchè mi aspetta, dietro c'è un gruppo di ciclisti bordigotti agguerritissimi capitanati da Valmer a un minuto e lui aspetta me. Tiro fuori le energie dalla cena di ieri, scatto e lo raggiungo. Restiamo io e lui. Lo piloto nelle curve più cattive di Soldano, lui si mette davanti nei rettilinei e tiene i 50 all'ora. Ci diamo cambi regolari e teniamo il nostro margine fino al cambio.
In zona cambio lui è un fulmine. A me invece viene un crampo al polpaccio mentre indosso la scarpetta sinistra. Lui se ne accorge, ma adesso non può aspettarmi. Sportivo non vuol dire scemo, e lo capisco. Penso: al suo posto avrei fatto esattamente la stessa cosa. Se ne va, prende i 150 preziosi metri che saranno determinanti. Diventa una gara all'inseguimento. Quei 2,5 km me li ricorderò per sempre. E penso anche lui. Il crampo mi passa al primo giro di boa. Lì c'è Paolo. Non so, forse è stato un suo urlaccio a farlmelo passare. Guillame è sempre lì davanti, una sagoma nera e sottile. Adesso ha da correre tutto il luongomare di Vallecrosia con uno dietro in rimonta. Non lo invidio per niente. Comincio a recuperargli centimetro dopo centimetro. A metà qualcuno mi urla "E' in crisi! E' in crisi! Adesso devi fare lo sforzo! Dai!". Vedo solo lui, non sento più niente, sono un uomo che corre e basta. Allungo il passo gli sono quasi addosso al secondo giro di boa. Ma il vedermi così vicino gli fa tirare fuori le riserve e tiene. Ce l'ho a 50 metri ma non riesco a catturarlo. Si vede che fa fatica, ma è un osso veramente duro.
In zona cambio lui è un fulmine. A me invece viene un crampo al polpaccio mentre indosso la scarpetta sinistra. Lui se ne accorge, ma adesso non può aspettarmi. Sportivo non vuol dire scemo, e lo capisco. Penso: al suo posto avrei fatto esattamente la stessa cosa. Se ne va, prende i 150 preziosi metri che saranno determinanti. Diventa una gara all'inseguimento. Quei 2,5 km me li ricorderò per sempre. E penso anche lui. Il crampo mi passa al primo giro di boa. Lì c'è Paolo. Non so, forse è stato un suo urlaccio a farlmelo passare. Guillame è sempre lì davanti, una sagoma nera e sottile. Adesso ha da correre tutto il luongomare di Vallecrosia con uno dietro in rimonta. Non lo invidio per niente. Comincio a recuperargli centimetro dopo centimetro. A metà qualcuno mi urla "E' in crisi! E' in crisi! Adesso devi fare lo sforzo! Dai!". Vedo solo lui, non sento più niente, sono un uomo che corre e basta. Allungo il passo gli sono quasi addosso al secondo giro di boa. Ma il vedermi così vicino gli fa tirare fuori le riserve e tiene. Ce l'ho a 50 metri ma non riesco a catturarlo. Si vede che fa fatica, ma è un osso veramente duro.
Gli ultimi 300 metri sono una delle esperienze più belle che lo sport mi abbia mai dato: ci sono quasi, l'ho lì a 5 metri. Tagliamo entrambi la curva prima del park per l'arrivo rischiando di mettere sotto una signora curiosa. C'è la rampa per il parcheggio: a quei ritmi può essere letale. Io la prendo a tutta e mi avvicino ancora. Lui la patisce. Lo sento respirare con la bocca aperta. Dietro arriva Andrea in bici che mi urla di tutto. Ci urla di tutto. Perchè non c'è lingua che tenga, quando soffri capisci anche l'arabo, devi correre e basta.
Immagino quello che allora deve aver avuto dentro Guillaume: straniero in terra straniera, braccato, preda, con un cinghiale di casa dietro a inseguirlo. La sua corsa diventa una fuga, da corridore diventa fuggitivo. Non è più la gara di una domenica, questa è vita. Ora corre con l'energia di base. E' qualcosa ancestrale, la forza che conosce soltanto chi deve sopravvivere e che la maggior parte degli uomini hanno dimenticato. Solo lo sport a volte ce la restituisce. Guillaume tira fuori tutto quello che ha, sta spremendo la sua anima come uno Squizzy. Neppure io scherzo. Voglio raggiungerlo per i miei compagni, abbiamo tutti voglia di gioire assieme e poi, sarebbe bello arrivare a casa con un trofeo, far felice mammà e pavoneggiarmene con gli amici e le donne.
Ma le mie ragioni non sono abbastanza. Mancano 50 metri. Sono in rimonta, ma mi mancano quei 50 centimetri per raggiungerlo. Lui supera il traguardo e cade, come se la vittoria l'avesse colpito. Anch'io mi accascio, abbiamo entrambi un groppo in gola.
Qualcuno arriva a chiedere, Ma chi u l'ha vintu?
Mi alzo, Ha vinto lui, dico. Questo è il mio avversario.
Mi alzo, Ha vinto lui, dico. Questo è il mio avversario.