martedì 3 febbraio 2009

Un posto à le soleil

Ci sono gare che riescono ad anticipare le emozioni di una stagione che sta per cominciare. Domenica scorsa un piccolo gruppo di cinghiali ha partecipato alla Course du soleil, gara che si tiene da anni tra Nizza e Monaco.
Non è una mezza maratona qualsiasi e nemmeno una podistica come le altre. Funziona così. L'appuntamento è alle 7 allo stadio di Monaco, per cui ti devi alzare come minimo alle 5.30 se vuoi mettere qualcosa nello stomaco per fare 20 e rotti km. Arrivi lì e trovi una serie di pulman che già pullulano di personaggi mezzi assonnati e imbacuccati, con il piumino e i leg-ins che sembrano pinguini. Un passante (se ce ne fossero perchè lì, la domenica mattina alle 7 con 5 gradi è difficile trovarne) potrebbe pensare che sia gente in partenza per un pellegrinaggio che so, a Lourdes o in qualche altro luogo di culto o di svago, Carcassonne, i Castelli della Loira. Invece no. I pulmann servono per deportare i podisti solo fino al porto vecchio di Nizza, alla partenza.
Solo che, per qualche strano motivo, il nostro autista non sceglie la tranquilla e comoda bord de la mer, ma inerpica l'iveco turbodiesel sulla Moyenne e poi sulla grand Corniche. L'ideale per digerire la colazione.

C'è chi non se ne accorge nemmeno e ne approfitta per continuare la dormita, ma io alla trentesima curva non ne posso più. Tutto il prezioso carburante che ho immagazzinato rischia di finire sulla moquette di un autobus delle linee monegasche. Per fortuna comincia la discesa. E poi ci sono gli altri. Gente della Pro Sanpietro, del Riviera, Marco Bruno (neo papà), Micol, e poi i nuovi cinghiali Morena e Stefano, con un triathleta di Acqui che fa il viticoltore e dunque è di grande compagnia (chiedo scusa ma non mi ricordo il nome). Ridiamo, scherziamo. Ci sentiamo un po' come in gita alle medie, ma con il compito in classe il giorno dopo.

Arriviamo. Nessuno vorrebbe uscire. Nel pulman s'è creato il microclima ottimale: 20 gradi circa, si starebbe lì ancora altri 5 minuti. Invece, Allez! ci intimano di uscire perchè l'autista deve fare
manovra. E poi noi avremmo la gara. Ah, già. Usciamo, prendiamo in fretta i pettorali, un bicchiere di the caldo, innaffiamo un banano lì vicino e ritorniamo subito dentro al calduccio per cambiarci. Fanno tutti così, eccetto quelli che vengono in macchina e se ne stanno chiusi con il riscaldamento acceso.
Poi però si comincia a vedere qualcuno che sfida al freddo e corricchia. Sono sempre di più. In un attimo la strada del porto vecchio si riempie di gente con il loro bel pettorale. Scendiamo pure noi e proviamo a scaldarci in qualche modo. Ognuno ha il suo. Ripetute a 150 battiti, corsetta lenta, passeggiata catwalk o "vado a pisciare il cane".

Arriva la macchina dei giudici. Che bello quell'attimo prima della partenza in cui ti pigiano uno contro l'altro, elite con veterani, prof e scappati di casa, (uomini con donne se sei fortunato). Esclusi gli odori, naturalmente.

Il via lo danno alla francese. E cioè quando non stai pensando assolutamente che devi partire. Magari hai appena notato una scarpa slacciata o ti stai grattando la schiena o non sai se a casa hai lasciato aperto il gas. Dopo 500 metri la resa dei conti: una salita con tre tornanti che tolgono il fiato e fanno selezione. I primi se ne vanno, gli altri si pentono di non aver dirottato il bus.
Però il resto della gara compensa la fatica. Si corre a tratti sul mare o sulla Corniche, sotto scorrono Cap Ferrat, Beaulieu, Villefranche, Cap d'ail. Di soleil ce n'è davvero poco. Nel tratto delle gallerie il vento contro dà fastidio ma ormai mancano 5 km e si pensa già all'arrivo.
Stupisce poi la precisione dell'organizzazione, dei rifornimenti, delle iscrizioni, roba impensabile, ci dispiace dirlo, oltre ponte San Luigi.