martedì 18 maggio 2010




Lascia la strada, segui la traccia...
Un cinghiale tra gli orsi


Nel novembre del 2008 Corinne Favre, detta Coco, pioniera del trail al femminile e campionessa di sci alpinismo, é stata vittima di un gravissimo incidente sul Pumori (7161mt) in Nepal. Lei e la sua guida sherpa sono stati investiti da un enorme masso di ghiaccio e sono caduti. Ritrovata a 5700 mt di altitudine, semicosciente, Coco é riuscita solo a dire: “Io vado a morire, solo vorrei dormire qui”. Trascinata ferita e sanguinante per oltre 4 ore dal capo spedizione, appesa alla sua inbracatura e a tratti in spalla, quando é riuscita a ricevere le prime cure, sempre in alta quota (5140), le sono state diagnosticate fratture multiple al torace, costole, omero, perforazione dei polmoni e una saturazione dell’ossigeno del 45%, che a quelle altitudini si tratuce in una ipossia cerebrale molto pericolosa.
Viene trasportata in elicottero a Katmandhou, in ospedale, poi trasferita in Francia e curata.
A meno di un anno da un incidente di questa portata, una persona ordinaria e fortunata, sarebbe, forse, sulla via della guarigione e della riabilitazione. Coco é stata certamente fortunata per non aver subito traumi gravi al cervello o lesioni permanenti alle articolazioni, ma, a meno di un anno dall’incidente, vince “Cavalls del vent”, un trail di 80 km e 5800 mt di dislivello positivo, poi torna in Nepal, per allenarsi in alta quota, dice lei... forse per far la pace con le montagne. Sta di fatto che stravince il Solokhumbutrail, correndo tra i 4000 e i 5400 mt di altitudine in 14 giorni, percorrendo e divorando 400 km in meno di 40 ore...

Perché racconto tutto ció? Perché domenica ho corso, insieme a Franco e altri 250 mattacchioni, le Finestre di Pietra, a Cantalupo Ligure. Uno splendido trail in piena autosufficienza alimentare di 37 km e 1900 D+. Alla partenza tutti salutano una donna concentrata ma sorridente che si sta riscaldando, al collo ha una collanina nepalese di protezione, fatta da tanti nodini... Franco mi dice: “Penso proprio che quella sia Corinne Favre”. E difatti era proprio lei. Tre, due, uno, via! Faccio appena in tempo a scorgerla e vederla partire sui primi 2 km di corsa, lungo il greto del fiume che poi, saltando dai ciotoli alla roccia, sparisce in un sentiero nel bosco. Naturalmente arriverà prima in 3h48’.
Io ci metteró 5h31’. Un trail stupendo, senzatantemusse, come piace a noi. Corri, sudi, ti arrampichi, poi sbuchi in cima e ti fermi un attimo, ti guardi intorno: paesaggi incantati, montagne coperte solo da boschi, punteggiate qua e là da villaggi d’altri tempi. E tu sei lí, partecipi di tutto ció. Puoi, semplicemente alzando un dito, sfiorare il cielo e forse, anche qualcosa di più grande. Allora un pensiero, forse una preghiera, nasce spontanea.
Poi si ricomincia a correre e si spinge, non si molla, si sale sempre. In un trail nessuno ti vede se rallenti un po’, se non dai proprio il massimo, ma é proprio quando ti ritrovi solo che insisti e spingi, sempre un po’ più in là, per riuscire ad allontanarti dalla strada e disegnare, finalmente, la tua traccia...
yann

martedì 11 maggio 2010

“La salita”

La strada sale, il fondo è leggermente bagnato, di quel poco che serve per espandere gli odori di questa primavera che tarda ad arrivare. Solo. Solo con la mia bici affronto questa salita che molti ciclisti ponentini conoscono bene.
Gioia e dolori. Si chiama Vignai: gioia perché pian piano che sali il panorama è mozzafiato e tu quasi dimentichi di essere umano, ti senti un falco, libero di affrontare le picchiate giù nella vallata dell’Argentina, là sotto strapiombante. Dolori, perché in poco più di sedici chilometri passi dal livello del mare ai quasi novecento-metri della vetta; i tornanti sono impietosi, uno dopo l’altro ti portano via un po’ di energie, e poi paura – sarò partito troppo forte?- avrò abbastanza energie per arrivare fino in fondo?- si che ce la fai! Dai! –

I miei compagni di allenamento li ho staccati e ora, tutto solo mulino le gambe più che posso, in compagnia dei miei pensieri e del corpo che ansima e sbuffa. Ora, lontano da tutti mi concentro. Oggi sono un po’ triste. Questa domenica c’è un triathlon in Francia, a Roquebrune, ma io non ci sono andato. Ho i tendini d’Achille che quando corro mi fanno male, ora è il mio limite, soffro, ma lo accetto. Non è tanto per la gara che mi spiace, quanto per la compagnia di molti miei amici, alcuni per me come fratelli. E allora stringo i denti, mi concentro e salgo questa salita, schivando pigne sul selciato e avversari immaginari creatisi nella mia testa.
Penso a Giacomo, il Furgaro, a Paolo, il mattatore dei triathlon sulle isole, a Valmer, il benzinaio volante, a Claudio che crea alchimie colorate che danno ai suoi quadri un che di malinconico e metafisico, poi ci sono Emiliano, Andrea ed altri, insomma tutta la mia tribù…i Cinghiali!
Sono già alla galleria, là il papà di Giacomo, che è di Taggia, ci va a funghi. Mancano poco più di due chilometri alla vetta, si entra nel bosco di pini e castagni, la luce filtra appena creando magici giochi.
Penso – chissà i miei compagni là in Francia…- ma mi devo concentrare quei pochi chilometri sono cruciali, là si tirano le somme e si paga pegno, con la forza di gravità che bussa è dura. Ma io non mollo. Ancora qualche metro ed è fatta. – l’ho conquistata anche sta volta Vignai. Anch’io ho fatto il mio triathlon, orfano di nuoto e corsa-

Riprendo fiato, contemplo un po’ il panorama, metto la mantellina e decido di scendere incontro ai miei compagni, anche perché ho ricevuto una telefonata ed in cima non prende. La discesa la faccio piano, fa freddo, il tempo è malinconico. – Oh! C’è Fabrizio! – mi fermo. Ha una strana espressione sul viso – mi ha telefonato Paolo da Roquebrune, Giacomo ha avuto un incidente in bici, lo hanno investito, è grave –
Nel frattempo arrivano Giuliano e Marco, ci guardiamo tutti e quattro, siamo attoniti.
Richiamiamo Paolo che ci conferma la gravità dell’incidente e ci prega di avvertire i genitori.
Io vado ai ricordi e a tutte le volte che quella salita l’abbiamo fatta insieme, fianco a fianco, lì a sudare e gioire.
Adesso tutto questo mi sembra una cosa assurda.

Giacomo è una persona straordinaria, la nostra amicizia risale a tanti anni fa. Il suo modo di essere ha contribuito, insieme a pochi altri, a dare un’idea diversa del triathlon, una disciplina che sa dare emozioni forti, autentiche, ma che purtroppo in Italia è spesso territorio di individui esaltati che ne snaturano la bellezza. Direi che il suo personalissimo triathlon Giacomo l’ha spostato anche su altri campi, che molti di noi hanno avuto modo di leggere, dando parola a quelle emozioni che noi tutti proviamo ogni domenica in allenamento o sui campi di gara, ma che non riusciamo così bene ad esprimere in poche righe scritte.
Lui sempre con il sorriso, ora vittima di un’ingiustizia.

Poi il tempo si è fermato, tutto era così incerto, dentro sentivo un urlo che a stento soffocavo.
Quella discesa non la ricordo nemmeno più tante erano le immagini che mi passavano per la testa. Il freddo era pungente e così ho avuto una giustificazione per tutte le lacrime che mi scendevano – colpa del freddo – pensavo.

Alcuni giorni da quella domenica sono trascorsi, per la verità molto lentamente. Ora Giacomo sta meglio, la sua vita non è più in pericolo. Ma io non smetto di pensare – come è strana la vita. Le salite hanno molte facce e tante strade. L’importante è superarle.-


Il Maltese

giovedì 6 maggio 2010

da Claudio.

Ed io già che me lo gustavo l’articolo. Avresti scritto, sicuro.
Troppa carne al fuoco domenica per non farlo. Sei curioso e le sfide difficili ti piacciono, anzi non vedi l’ora che arrivino.
Certo ci sarebbe stata la tua gara, ma ne avresti parlato con discrezione, con quel tuo stile defilato, come se dessi la voce a qualcun altro. Scrivi perché sei uno che sa scrivere davvero, e non t’interessa metterti in mostra.
Diciassette iscritti, un record, e nonostante il cattivo tempo, tutti presenti. Esordio con le licenze francesi: finalmente.
A gareggiare siamo sempre qua, tanto vale darglieli a loro sti soldi, almeno si pagano gli arbitri e promuovono delle gare come si deve.
C’è il debutto tra i cinghiali di Lorenzo e Bernardi. La sfida infinita tra Daniele e Yann, grandi e amici e papà tuttofare. Finalmente le ragazze in buone condizioni, incuranti dell’acqua fredda, e decisamente agguerrite, sia tra loro sia con le avversarie (e che avversarie….). E poi il resto della truppa, pronta a scannarsi, come sempre, qua soprattutto, gara corta e vicino a casa, quindi lotta serrata fino all’ultimo metro, con Paolo Andrea e te in grado di puntare in alto, anche al podio. Sembra pure che stia uscendo il sole, e il parco bici è da sogno nella sua semplicità, con le bici appoggiate al muretto in riva al mare, come quando si va in spiaggia.
Ma poi è passata quella sirena maledetta, che quando la senti speri sempre che si siano sbagliati ad accenderla. Il cielo diventa di nuovo scuro, e il resto lo sappiamo, e anche se non ce lo racconti, non ce ne frega niente.
Vogliamo solo poterti abbracciare e offrirci al tuo sguardo, dal quale abbiamo il privilegio di lasciarci descrivere.

Claudio

martedì 4 maggio 2010

2 maggio del 2010

La prova più dura


Una domenica di festa.
Quasi venti cinghiali che si danno appuntamento sulla spiaggia di Solenzara per celebrare la primavera con un super sprint. Per ritrovarsi insieme, sfidarsi, lottare, nuotare nell’acqua di maggio, pedalare in salita per 10 km dando l’anima e poi ancora, non paghi, correre intorno al magico borgo antico di Gorbio, dove il suo olmo secolare – vecchio di quasi trecento anni - e le falesie incantate ed immobili sembrano neppure notare questi omini vestiti di blu che s’affannano, si emozionano, giocano insieme, in pochi intensi istanti di vita, mentre loro, impassibili, hanno lo sguardo rivolto unicamente all’eternità.
Così sarebbe dovuto essere anche oggi, 2 maggio del 2010. Alcune ore rubate alle famiglie, agli impegni, ai pensieri… per ritrovarsi semplicemente tra amici e alla fine sgranare, nella piazza del borgo, intorno all’olmo, sudati e stracchi, le poche manciate di secondi che ci dividono uno dall’altro all’arrivo. Perché viviamo di istanti, istanti carichi di senso ed emozioni e ci facciamo beffe di un albero eterno. Perché siamo tempi di passaggio, siamo tempo conquistato con sudore e passione.
Eppure oggi il tempo si è fermato.
Si è fermato un istante nel momento in cui ci sono sfrecciati accanto un camion e una machina dei pompieri nel silenzio sacro della domenica mattina.
Si è fermato del tutto quando qualcuno, nel parco bici, ci ha detto che Giacomo aveva avuto un incidente ed era grave. L’angoscia è calata sui volti di tutti. Il silenzio. E poi, subito dopo, mille parole, a cercare di capire, ad allontanare il peggio. Dieci minuti e comincia la gara. Chi corre verso l’ospedale, chi rimane, attonito e smarrito. Cinque minuti e comincia la gara. Ma gareggiare che senso avrebbe? Non lo so e non lo capisco, in effetti non ne ho voglia. Il senso di impotenza è opprimente. Sono in costume da bagno, mi sento fragile, inutile, piccolissimo. Poi il senso di colpa m’invade. Giacomo mi doveva portare la muta, sarà stato ingombrato in bici? Se solo fossi passato il giorno prima a prenderla…
Intanto la vita continua il suo corso e tu ti lasci portare. Si cammina sulla spiaggia, si raggiunge il bagnasciuga, mi ritrovo, stupidamente, ad aggiustarmi gli occhialini. Tutti intorno si accalcano, poi si buttano in acqua e il mare, d’un tratto, schiuma e mi pare una tonnara. Anch’io mi lascio andare e cerco conforto nel freddo, nella leggerezza del corpo, mi butto. Nell’acqua ogni rumore si fa sordo, il gesto è meccanico, mentre alla mente il segnale arriva a tratti. Spero che non abbia battuto la testa, la sua bella testa, creativa, che sa cogliere, raccontare e amplificare dettagli e istanti di vita stupendi. Mi stupisco a non avere freddo. Poi il nuoto finisce e la gravità della terra ritorna ad opprimermi, così come il tempo uggioso.
Una dissonanza strana si fa parte di me. Pedalo, sorrido e incoraggio le ragazze del gruppo che affianco. E poi ancora, sorrido e incoraggio i compagni che incrocio nella corsa. Infine il traguardo mi sorprende, troppo presto. L’azione del corpo, il suo sforzo, usati fino alla fine per controllare la paura, finiscono.
Vorrei tanto dover correre ancora.
All’arrivo incrocio lo sguardo d’un bambino perso, dai grandi occhi azzurri, incastonati nel volto di un uomo, amico caro di Giacomo, e leggo la sua angoscia. Chiamo Paolo e Claudio che sono all’ospedale. Le notizie sono poche e poco rassicuranti. Costole e sterno fracassati, polmoni bucati. Rianimazione.
Ora viene l’attesa.
Nascosto all’ombra dell’olmo, come molti altri quella stessa mattina, mi sono finalmente fermato e ho pianto.
La sera, a casa, è la rabbia che domina tutto. Un bastardo di pirata della strada che è pure scappato. Ma la pagherà cara, perché lo troveremo!
Tieni duro Giacomo, non sei solo in questo momento. Sappiamo tutti che sai stringere i denti, soffrire, per poi tagliare il traguardo vincente!
yann
...stamattina ero più triste del solito, forse a freddo ho cominciato a rendermi conto ancor di più di tutto ciò che sta avvenendo, ed è con la tristezza nel cuore che ho aperto il giornale, pur sapendo cosa avrei letto e cosa avrei visto!!!Avevo paura, paura di rivivere momenti che solo pochi giorni fà, tra una medusa e una malvasia, erano lontani anni luce da noi tutti!!!...
ho aperto il gionale, ho visto la foto della bici, ho letto l'articolo e ho sorriso!!nulla di cio che stavo facendo doveva farmi sorridere, ma è cio che ho fatto!!ho sorriso perchè guardandoti in foto mi è tornato in mente quando a lipari, nell imminente post gara tu triste ed arrabbiato per il terzo posto sfuggitoti per pochi secondi, chiamavi tua mamma per essere consolato....
Tua mamma con la sincerità, con la cruda schiettezza che solo chi ti ama oltre ogni cosa sa avere, ti rispondeva "Giacomo ma perchè te la prendi tanto, ormai dovresti saperlo che tu non vinci mai nulla..." e noi e tu giù a ridere!!!!Signora Revelli, mi scusi se mi permetto, ma mai affermazione è più lontana dalla realtà...
Giacomo finirà questa gara e vincerà questa gara...la vincerà come solo lui sa fare, senza scorciatoie, senza scia, senza calcoli..la vincerà a testa bassa, partendo a mille, incurante delle meduse, della pioggia, dell'asfalto viscido e non ci sarà paolucci o chi per lui che riuscirà a stargli a ruota...
E quando vedrai il gonfiabile del traguardo, beh li troverai tutti noi ad aspettarti....una doccia veloce e poi tutti in pizzeria, chiaramente paghi tu e chiaramente il vino lo sceglie Palmucci!!!Ciao Già sbrigati...

EMI

lunedì 3 maggio 2010

..corri Jek!

Questo doveva essere il tuo spazio, il tuo articolo, quella di ieri la nostra gara, la nostra festa..
Avremmo tutti preferito rivivere attraverso le tue solite belle parole sognatrici, le nostre imprese a Roquebrune,al posto di questi confusi e banali pensieri che mi passano veloci per la testa in questo momento pensando a te davanti al nostro blog da aggiornare..
Rivedo ancora le nostre facce impotenti, e spaventate (roba rara, come sai, per noi cinghiali), mentre ieri mattina sconvolti da quanto successo aspettavamo di sapere come stavi,dietro una fredda porta bianca con un fin troppo esplicito diviento di entrare..
Tu stavi correndo, come al solito, inarrestabile e caparbio, una corsa diversa e inaspettata,difficile ma alla tua portata..questo noi lo sapevamo e guardandoci negli occhi immaginandoti correre, ci tranquillizzavi..
So, sappiamo che leggerai e risponderai presto a queste poche frasi scombinate, prima di quanto i medici e noi tutti si possa sperare, stupendoci per l'ennesima volta per aver raggiunto il traguardo in anticipo, a tempo di record..
Corri Jek corri, ti stiamo aspettando!