martedì 11 ottobre 2011

Trail Gorbio 2011


L’inizio è facile da individuare. Eppure questa volta preferirei partire dalla fine, dall’arrivo.

La pelle secca, salata. Le gambe contratte, bollenti. E il dolore che si sveglia nell’anca, nel ginocchio. Poco prima correvo, in discesa saltavo e soprattutto ridevo. Così Marina, pure lei zoppica, offesa un po’ più giù, alla caviglia.

Sciagurata gara, oggi.

Sono così preso dal risveglio del mio corpo, a capire l’entità del danno che non sento il mio nome e l’uomo che lo pronuncia. Allora Marina mi richiama: “Ehi! C’è Bes…”.

Ecco qualcuno che vale la pena di incontrare anche se stai di merda e sei mezzo incazzato.

Lo guardo negli occhi, ci stringiamo la mano. Marina lo bacia. Bello Bes, sembra un angelo con quei fari azzurri che ho gia incontrato in un giorno da dimenticare, in questa piazza, mentre cercavano un amico. Allora lo riguardo, le labbra viola, le pupille dilatate, gli occhi arrossati e una leggera disidratazione. Lui sta lì e sorride, quindi capisco e gli faccio: “T’a gagnè la 42!”. “Oui” risponde lui. Comincio a tradurre per Marina che mi zittisce: “Eh ho capito pure io, non sono mica tonna, santa polenta! Ha vinto!”.

E allora il campione racconta la sua gara, ne ha proprio bisogno, si sente, e noi di ascoltare. Partito tranquillo, senza spingere, si è trovato ben presto al quarto posto. Arrivato ai piedi del Baudon, dove si affronta una salita radicale e infinita, che mette sempre a dura prova la resistenza, Bes dice che si sentiva bene e ha avuto voglia di accelerare. Come questo sia possibile, su quella montagna, devo ancora capirlo. E nella salita ha superato tutti e tre gli avversari che stavano davanti a lui. È arrivato in cima per primo e da lì nessuno lo ha più visto, non che la gara fosse finita. Altre salite, altre montagne, fino al traguardo. Sempre da solo, ma mai veramente solo, perché, mi dice: “Ho pensato tanto intensamente al mio bambino che è nato cinque giorni fa”.

“Come sta?” gli chiedo. “Bene, è bellissimo”, risponde. Mentre in un attimo l’emozione si fa alta marea e dai suoi occhi esonda nella mia anima e in quella di Marina. Perché quello è il nostro pane, perché quel pensiero ci attraversa sempre pure a noi, quando corriamo, soli, per monti o boschi. Perché se è mentre corri che sei te stesso, mentre corri vive in modo più autentico anche il significato di essere un padre o una madre. Ognuno a modo proprio. Lui oggi, sul Baudon, era con suo figlio. E da 5 giorni Bes è ancora più forte di prima.

Ora che i fatti significativi sono narrati, posso tornare all’inizio e alla nostra corsa. Innanzi tutto mi permetto un giudizio sulla distanza e il percorso della gara corta di 16 km, affrontata da me e Marina. Tanto ero rimasto incantato e affascinato dal percorso del trail di 42 km corso l’anno scorso qui a Gorbio e vinto quest’anno da Bes, quanto deluso quest’oggi da un percorso con un dislivello ridicolo, una partenza su asfalto, strada cementata, stradone battuto e poi nuovamente asfalto che copre più della metà del dislivello positivo. Unica parte degna di un trail, quella centrale a mezza costa, con una vista panoramica sul mare molto bella e poi lo scollinamento sulla pietraia delle antenne. Per il resto la discesa non ha mai presentato tratti realmente tecnici ed era troppo diretta sull’arrivo. Infine i due km di asfalto finali hanno bocciato definitivamente la gara.

Un trail per definirsi tale deve presentare una distanza minima di oltre 20km. Il suo percorso deve snodarsi per il 90% per sentieri che attraversano remote zone naturali, boschi, colline, altipiani, pietraie inaccessibili a strade asfaltate o battute. Deve sempre essere particolarmente impegnativo per il profilo altimetrico e il tipo di terreno.

In pratica, dopo mezz’ora che sei partito per un trail, ti devi un po’ cagare sotto, ti devi sentire solo, devi essere consapevole che se non troverai la prossima balise sarai perso in bosco fitto. Devi correre perché un po’ stai scappando dal lupo. Devi sperare che l’acqua ti basti. E sei concentrato come non mai, non cadi, neppure se corri da sei ore e stai affrontando una discesa ripidissima in mezzo a una pietraia, la notte. È l’animale che c’è in te che si sveglia e ti guida.

Oggi a Gorbio eravamo rilassati, troppo. Abbiamo permesso alle nostre sovrastrutture mentali di prendere il sopravvento e abbiamo perso il contatto con la natura, con il sentiero, con la gara. Marina s’è inciampata e slogata una caviglia, io sono precipitato in una curva, sulle pietre, con gomito anca e ginocchio. Che gara di merda! Mai più meno di 20 km.

Per fortuna che alla fine abbiamo incontrato un principe! Grazie Bes!

Yann.

2 commenti:

Valerio ha detto...

Strepitoso racconto....emozioni che esondano anche attraverso la scrittura. Ciao Yann

Ivan76 ha detto...

Amalfi e tua puoi correrla con una sola gamba.