martedì 17 giugno 2008

La Panoramica. Ovvero le corse podistiche dell'entroterra genovese


Penso che un vero cinghiale, almeno una volta nella vita, debba provare a correre una delle gare podistiche dell'entroterra genovese.
Lo spirito sostanzialmente pigro e apatico dei genovesi, costretti in una città-labirinto che riserva loro sorprese ad ogni vicoletto, con un clima spesso inclemente che se un giorno c'è il sole l'altro piove, dove ogni attività della quotidiana esistenza costa fatica e impegno, non cambia faccia quando dirigono il muso verso l'entroterra. E' lì, tra le verdi colline e le montagne a due passi dalla marina e dal refrescumme, che il genovese va a rifugiarsi per espiare il suo peccato originale: quello di appartenere ad una terra a cui bisogna strappare ogni cosa con travaglio e fatica, come per una pena del destino. Pessimismo e fastidio.

E quale miglior modo di espiare la colpa che una bella garetta podistica sui monti? In qualsiasi altro luogo, una società che organizzasse una gara con un percorso del 70% in salita, su sterrati e mulattiere nei boschi, tra picchi rocciosi e stradine da camporella, su canali, acquedotti, muretti a secco, fasce, vigne e quant'altro si possa trovare oltre la frontiera dell'Aurelia, forse andrebbe in bancarotta.
A Genova no: queste gare sono frequentatissime e si fatica a trovare un pettorale sotto il 150. La Panoramica, gara di "circa" 12 km, organizzata per il 15 giungo dalla Podistica Valpolcevera che dall'alveo del Polcevera sconfina in quello del Bisagno per poi tornare verso Genova Rivarolo, è un esempio perfetto.

Decido di partecipare perchè il meteo annuncia una domenica uggiosa e in bici è meglio non andare. Dopo il lavaggio completo di domenica scorsa a Gouta, non ho nessuna intenzione di ripetere l'esperienza. Così, pazienza, farò una garetta, un allenamento, tanto per non star fermi e divertirsi un po'.
La gara l'ho trovata su Internet, su http://www.genovadicorsa.it/, portale aggiornatissimo con tutto ciò che serve al podista-espiante genovese.
Appena uscito, però, mi rendo conto che non sarà una passeggiata. La mia casa ha i balconi a levante e verso Camogli era sereno; i nuvoloni neri invece stavano dall'altra parte, a ponente. Anzi, c'è pure qualche tromba marina che danza al largo, un bel frullato d'acciughe e posidonia. Non mi scoraggio, parto per la Madonna del Garbo, nell'entroterra di Genova Rivarolo, il santuario dove dovrebbe esserci la partenza della gara. A Sampierdarena inizia a piovere. Bah, vado lo stesso, mi dico, se non ci fanno correre farò un giro per lumache. Invece arrivo lassù e trovo un via vai di gente già in canottierina e scarpette e numero che corre avanti e indietro allietata da un tormentoso concerto di campane, roba che i timpani, almeno, non vedono l'ora di partire.
Un signore con un ombrello e un altoparlante fa una specie di radiocronaca in genovese (tutta personale, perchè il volume è basso e non si sente niente), mamme e bimbi stanno sotto una tettoia assonnati ad aspettare, il parroco stesso mi indica il tendone dove ritirare il pettorale.
Ma partiamo lo stesso?, chiedo, Perchè? Mi fa un signore con tanto di pettorina gialla "staff", non ha letto il volantino? "La gara si disputerà con qualsiasi condizione atmosferica". Ah. E il percorso? Com'è?, Ah, segui i primi e vedrai che non ti perdi, mi risponde un altro. Ma c'è molta salita? Uhm, mah, si sale ai piani di Fregoso, poi al Peralto toccando, poi al Begato e al Puin e si torna indietro.
Per me è come se parlasse dello Zimbabwe, però deduco che ci sarà da soffrire. E io che volevo fare un tranquillo allenamento.
Sulla linea di via, alle 9 esatte ci sono più di 150 persone. Il radiocronista annuncia che la partenza è ritardata perchè c'è ancora gente che "sta effettuado le operazioni di punzonatura e iscrizione". C'è dunque una falsa partenza perchè dietro non capiscono e partono in quarta.
Poi, tre due uno via. Non è una partenza-razzo come ci si potrebbe aspettare. Sembra quasi che non ne abbiano voglia, che qualcuno li costringa a correre. L'esatto contrario di quello a cui sono abituato. Io corro da triathleta: per me la corsa è la frazione in cui spremere tutto, dal primo al 10° km senza mollare. Arzillo mi metto dietro ai primi due: un nordafricano e un altro piccolo e secco, che pure lui non dev'essere uno svedese, sembrano stupiti di vedere qualcuno con loro.
Dopo il primo km comincio a capire: arrivano una serie di rampe in ciappe e sassi, per di più bagnate. Quelli se ne vanno come caprette, io resto lì a chiedermi perchè ho deciso di venire.
La strada è nel bosco e le gocce della pioggia arrivano a secchiate ogni volta che il vento muove un castagno. Sulle pietre si scivola, dove non c'è un sasso c'è una pozzanghera e fango. Il fiato si
accorcia, il cuore sale come un tamburello, le gambe a breve diventano delle soppressate. Mi raggiungono altri, il sentiero è stretto e mi sposto per farli passare. Loro ringraziano e vanno. I km passano con una lentezza incredibile, tra il 3° e il 4° pare ce ne siano altri due. Alla fine però mi rassetto un pochino e tengo il ritmo di due ragazzi davanti a me. Arriviamo infine su un crinale, lì oltre alla pioggia c'è il vento.
C'è una vista incredibile: giù la città è avvolta dalle nuvole, ma spuntano le torri dello stadio di Marassi e si vede anche la Fiera, Corso Italia. Quale miglior luogo per costruire un forte per
difendere la città: il Puin è mastodontico, con i suoi contrafforti a ferro da stiro, e non è nemmeno uno dei più grandi.
A presidiarlo c'è un signore con un ombrello. Dice: "Stae atenti figieu che u se scheugia!"
E' lì che tiro il fiato, ora comincia la discesa. Ma guai a buttarsi giù come un falco, l'erba è umida e se scivoli finisci diretto al cimitero di Staglieno che è proprio lì sotto (e non per una visita di cortesia). Passiamo anche davanti al forte Begato, poi a Righi: lì di solito le coppiette ci vanno a sbaciucchiarsi, noi ci arriviamo infangati come pulcini.
C'è ancora spazio per un'altra discesa scavezzacollo, seguita da una rampa atroce, un Mortirolo che in cima l'anima ti scappa in cielo. La riprendi nell'ultima e definitiva discesa fino all'arrivo, 3 km, una specie di Vietnam di bosco, fango e pietre scivolose.
Solo allora mi accorgo che il "circa" davanti ai 12 Km sul volantino qui lo calcolano in eccesso.
Grazie alla Madonna del Garbo non cado e recupero addirittura qualche posizione. Alla fine faccio 13° e mi danno pure un premio di categoria: una bottiglia di vino. Alla salute cinghiali!
giarevel

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Il "keniano del faro" ha colpito ancora, grande Giacomino.

andrebarca78 ha detto...

Grande Giacomo, bel raconto e bella gara!!!