venerdì 30 luglio 2010



Torna l'abusivo!!!!

Sabato sera 7 Agosto a Bordighera presso lo stabilimento NST (il primo a partire dal depuratore) si terrà l'abusivo. Si faranno: 400 metri di nuoto 4 chilometri di corsa (inaugureremo la nuova passeggiata di Vallecrosia) e per finire 400 metri di nuoto. Cosa ancora più importante Franchini gestore del NST ci organizza una grigliata di carne fino ad un massimo di 60 persone, tutti gli interessati portino entro Mercoledì 4 Agosto 15€ a Valmer o a me.

venerdì 23 luglio 2010


Due cinghiali tra i ghiacci




LENTAMENTE MUORE CHI EVITA UNA PASSIONE, CHI VUOLE SOLO NERO SU BIANCO E I PUNTINI SULLE I PIUTTOSTO CHE UN INSIEME DI EMOZIONI CHE FANNO BRILLARE GLI OCCHI, QUELLE CHE FANNO DI UNO SBAGLIO UN SORRISO, QUELLE CHE FANNO BATTERE IL CUORE DAVANTI AGLI ERRORI ED AI SENTIMENTI…………………EVITIAMO LA MORTE A PICCOLE DOSI RICORDANDO SEMPRE CHE ESSERE VIVO RICHIEDE UNO SFORZO DI GRAN LUNGA MAGGIORE DEL SEMPLICE FATTO DI RESPIRARE……….

Quante volte leggendola ho fortemente pensato che Neruda l’avesse scritta per me, magari ci siamo conosciuti e il mio vivere ha ispirato il poeta, mi dicevo…. quanto sento mie le parole di questa poesia e quindi quanto immenso e piacevole stupore ho provato nel trovare queste parole su un foglio appeso vicino a decine di altri fogli e foto di imprese alpinistiche, in un rifugio semi-sperduto nel massiccio del monte rosa a 3400mt sul livello del mare…
Chissa perché era lì…chissa cosa pensava la persona che vicino a Messner ed al k2 ha ritenuto sensato mettere una poesia di Pablo Neruda, poeta famoso ai più grazie al film del grande Troisi…
Forse invece non c’era posto migliore di quel rifugio, perché credo che chiunque sia arrivato fin lassù ed abbia letto quelle poche righe, si sia sentito come me il protagonista dei pensieri del poeta.
Forse è veramente il posto migliore dove collocare così belle parole…..un luogo cosi lontano da tutto dove la semplice azione di respirare diventa così difficile da farci ricordare di essere vivi.



Un gioco che ho sempre amato fare è quello di partire da un dato di fatto e procedere a ritroso fino a trovare il famoso bivio…quello che ti fa trovare in un luogo piuttosto che un altro…dire una cosa piuttosto di un’altra o anche solo pensarla
Ce ne sono migliaia di bivii nella vita di ognuno di noi, alcuni di questi ci appaiono più di altri…ecco il gioco consiste nel cogliere il primo bivio che ci viene in mente senza stare a pensare se sia o meno quello realmente più importante.
Domenica nel rifugio, in compagnia di Neruda ho ripensato a quale bivio mi avesse portato li e mi è subito venuto in mente un luogo: Perinaldo, ed una circostanza importantissima, il compleanno del Ponente triathlon….lì più che un bivio per la prima volta ho incrociato la mia strada con quella di “uno psicologo che non sa nuotare, che corre solo in montagna, con la faccia un po’ stralunata, ma decisamente simpatico”.
Era seduto davanti a me, si è parlato di figli, di vita quotidiana…niente tempi nè ripetute nei nostri discorsi, di lui mi ha colpito la semplicità e il fatto che non guardasse il mio “linguaggio fisico”…..chissà perché quando si pensa ad uno psicologo si pensa a qualcuno che non fa altro che analizzare il prossimo, quindi il perché dici una cosa piuttosto che un'altra, o perché incroci le braccia davanti, piuttosto che metterle sul tavolo…tutte fisse che si hanno quando abbiamo di fronte qualcuno che pensiamo possa leggerci dentro!!!
Comunque la cena finisce e dello psicologo non nuotatore non rimane che un ricordo…..
Ci si vede nelle riunioni, in qualche gara, ci si segue nei vari resoconti sul comune blog, ma nulla più….poi un paio di mesi fa le nostre vite si incrociano di nuovo su una falesia a Gorbio e sboccia “l’amore” che convoglia in un matrimonio celebrato tra il Col del Turini e Cap d’Ail, passa per piccole crisi su un catamarano scuffiato a largo di bordighera per ritrovarsi più forti e uniti che mai alle pendici del monte Castore.
Ecco perché sono lì al rifugio insieme a Neruda.
Yann (sarà poi veramente uno psicologo?) è accanto a me, non è il ritratto della salute, ha patito l’altitudine come è quasi normale che sia, per chi in meno di 10h passa da 0 a 3500mt sul livello del mare.
Beviamo un the caldo, tutto è nuovo per noi.
Non conosciamo il nome dei monti che ci circondano, non avevamo mai visto un rifugio in vita nostra, non sapevamo neanche che è inutile portarsi le ciabatte…te le danno loro!!!
Ci guardiamo, non è il nostro posto…non ora, non per come pensiamo debba essere…
Non ne parliamo subito, avremmo modo di farlo a ritorno, ma so che i suoi pensieri corrono sulla stessa mia lunghezza d’onda… forse stiamo facendo una cosa, sicuramente alla nostra portata, ma che non ci appagherà al 100% per il come la stiamo facendo.
Lo psicologo che non sa nuotare continua a non stare bene, ha difficoltà più di altri a respirare o credo che a differenza di altri lui non provi nessuna vergogna a renderlo visibile e già da subito, conoscendosi, decide che è il caso di fermarsi lì, decide da quel momento che SOLTANTO L’ARDENTE PAZIENZA PORTERA AL RAGGIUNGIMENTO DI UNA SPLENDIDA FELICITA….. Neruda è sempre li con noi!!!


Il Castore, il Monte Bianco, l’Everest sono lì da sempre e saranno lì dopo di noi……
Mangiamo e andiamo a passare una delle notti più serene che ricordo negli ultimi mesi, dove nè il vento, nè i serracchi nè la tosse somatizzata di una nostra vicina ha benché minimamente rovinato.
Ci svegliano alle 4, Yann sta meglio, ma ormai ha deciso e nulla può fargli cambiare idea…farà colazione con noi e poi scenderà a valle…… pagherei oro perché venisse su, lo farei perché è per lui che sono lì, lo farei perché so che mi mancherà il non poterlo abbracciare in vetta, il non poter condividere qualcosa che non conosco ma che so sarà grande…..però lui è così e non sarebbe la persona che è se si fosse fatto convincere a provare “per un quarto d’ora”.
Fa freddo, mi danno una piccozza, mi mettono dei ramponi ai piedi, mi legano a degli sconosciuti e via sul ghiacciaio con pendenze al 45% e con la consapevolezza di non poter distrarsi nemmeno per 1 sec nelle successive 3h…Ci salutiamo con Yann solo fisicamente perché so che comunque mi accompagnerà così come io scenderò a valle con lui… so che mi guarda e so che sa cosa io stia provando e non perché lo abbia studiato all’università ma perché siamo fatti della stessa materia, una materia che agli occhi di molti può sembrare priva di senso logico e basata su un profondo egoismo, dove non cè spazio per nessun altro se non per noi stessi, ma è cosi che siamo fatti e LENTAMENTE MUORIAMO se ogni tanto non facciamo qualcosa che ci ricorda di essere vivi..






Sono le dieci di sera e mi sveglio da un sonno beato. Mi trovo nel luogo più sicuro e bello del mondo a 3400 metri di altitudine: il rifugio delle guide di Ayas, su di uno spuntone di roccia scura, affacciato al ghiacciaio immenso e maestoso.


Ho fatto un sogno. Arrampicavo su una via non facile e lunghissima, eppure le mani e i piedi trovavano appigli impercettibili ma sicuri. L’ascesa era sempre più veloce, senza intoppi. Non avevo né corda, né rinvii. Nessun timore, solo il desiderio di salire. Arrivato in cima perdo una presa, ma un istante prima di sentire il mio corpo precipitare nel vuoto, una mano forte mi afferra, alzo lo sguardo e incontro il volto serio di Emiliano che si apre in un caldo sorriso e mi dice: “pensavi di essere solo eh?”
Quel volto serio l’ho visto varie volte oggi nell’avvicinamento al rifugio. Mi guardava e con lo sguardo, discretamente, voleva sapere come stavo, perché si vedeva chiaramente che non andava bene, che stavo arrancando e sputando l’anima già solo tra i 2500 e i 3000 metri. E quella mano anche, l’ho poi sentita, forte, nella sua presenza, nella decisione di starmi vicino, in mezzo alla nebbia e sotto la grandine, negli ultimi 400 metri di dislivello, dove avrei voluto sedermi tra la roccia e il ghiaccio e aspettare il mattino, il sole, per poi correre a valle. Quello sguardo invece mi ha portato su, al caldo e al riparo. Ora fuori impazza un vento furioso che sembra voler scoperchiare la nostra casetta. Mi viene in mente la favola del lupo e i tre porcellini che racconto sempre a mio figlio. Ma il lupo là fuori non c’è più. Il lupo è stato dentro di me e la casa, ora, è di mattoni.



Apro gli occhi, mi giro e incontro lo sguardo di Emiliano, sdraiato nel letto, ha la schiena larga e l’anima delicata. Entrambi ci infuochiamo per un sogno e poi lo realizziamo, siamo volubili, testardi, appassionati e indecisi, sinceri ed essenziali, poi anche tanto diversi. Ma il tratto che agli occhi degli altri ci accomuna di più è sicuramente quello strano ermetismo che ci compone. “Come si sta bene qui” faccio io. E lui risponde: “Si sta troppo bene”. Attorno a noi, negli altri letti, sono tutti un po’ agitati. Tra poche ore la sveglia nella notte. Infileranno giacche e guanti, ramponi e piccozza, e via alla conquista del Castore, la vetta di 4200mt.
Ma una montagna non si conquista tanto facilmente. Puoi arrivare su, avere fortuna, essere accompagnato da brave guide (come le nostre), anche se è la prima volta che vedi un ghiacciaio in vita tua. Ma la montagna può decidere di non farti passare. Perché? Questo sta a te scoprirlo.
A me la montagna, quel giorno, ha detto no. Mi ha schiacciato dall’alto della sua magnificenza, mi ha tolto il respiro e segato le gambe. Poi io ho insistito e allora mi ha proprio stritolato, facendomi quasi perdere il senno. Allora ho capito. Ho capito che esiste ancora qualcosa di più forte dell’uomo e ho ritrovato un senso di religioso rispetto per gli dei, che onnipotenti, stavano tutto intorno a noi, lassù, in quell’aria sottile. Dal momento in cui ho capito che mi dovevo semplicemente fermare e inginocchiare con rispetto alla montagna, non ho più avuto paura.
Saper tornare indietro è il viatico per poter andare avanti. Queste parole inviate da un amico che la sa lunga, mi hanno tolto ogni dubbio, mentre le guide cercavano di convincermi ad attaccare la vetta. Semplicemente li lascio partire e dalla finestrella del rifugio fisso intensamente la figurina del mio compagno, secondo di cordata. Lo seguo per otto minuti e scatto anche una foto, finchè non scollina oltre la prima salita del ghiacciaio. E consegno a lui le mie aspirazioni, il mio eroismo e la mia forza ritrovata, perché possa tornare vincitore. Così sarà!